Disturbo da abuso e dipendenza da alcol
L’uso problematico di alcol
Le sostanze che contengono alcol etilico sono conosciute e utilizzate da millenni, sia come alimenti, che per gli effetti psicoattivi che possono indurre. L’alcol etilico è la seconda sostanza psicoattiva più diffusa al mondo, seconda solo alla caffeina, dalla quale si distingue principalmente perché: ha effetti psicoattivi ben più importanti e conseguenze sulla salute che possono essere molto serie.
Dunque l’alcol etilico non può essere considerato una comune bevanda, poiché agisce anche sul Sistema Nervoso Centrale (Cervello), modificandone il funzionamento e, conseguentemente, alterando il comportamento; inoltre è una sostanza fondamentalmente tossica per il nostro organismo che può provocare conseguenze negative per la salute di chi ne fa uso.
“Gli effetti a breve termine dell’etanolo, psicologici e comportamentali, sono limitati soprattutto al SNC, dove un insieme di effetti stimolanti e deprimenti si verifica dopo avere assunto basse dosi di etanolo.” (R.M. Julien, C.D. Advokat, J.E. Comaty; “Droghe e farmaci psicoattivi”; Zanichelli 2012).
È per tali effetti che alcune persone divengono consumatori abituali poi abusatori e, talvolta, dipendenti da alcol, si tratta di un processo graduale spesso inconsapevole, facilitato dalla diffusione del consumo di bevande alcoliche in gran parte delle culture da millenni, tale consumo può essere sia alimentare che ricreativo, ma entrambe le tipologie di consumo possono portare a: consumi eccessivi, abuso e dipendenza.
Il riconoscimento dell’alcolismo come malattia ha avuto inizio alla fine degli anni ’50 negli USA e si è poi diffuso a tutti i paesi occidentali, nel 1992 è stato definito: “… una malattia primaria cronica, con fattori genetici, psicologici, sociali e ambientali che ne influenzano lo sviluppo e le manifestazioni…” (R.M. Morse, D.K. Flavin; “The definition of Alcoholism”, Journal of the American Medical Association 1992).
Parallelamente si è iniziato a riconoscere che, molte delle persone che consumano in modo eccessivo alcolici, lo fanno per gli effetti che questi hanno su di loro, in quella che non pochi studiosi hanno definito: “automedicazione” dei propri stati o problemi psicologici. Vari studi hanno cercato di fare luce in tale senso e già nel 1997 due autorevoli studiosi hanno scritto: “Una grande quantità di evidenze indicano che molti, e forse la maggior parte, degli alcolisti non hanno un alcolismo primario. Il loro alcolismo è associato ad altre psicopatologie, inclusa la dipendenza da altre droghe, la depressione, la malattia maniaco-depressiva, i disordini dell’ansia o la personalità antisociale” (D.W. Goldwin, W.F. Gabrielli; Alcohol: Clinical Aspects, in J.H. Lowinson, P. Ruiz, R. B. MIllman, J.G. Langrod Substance Abuse: A Comprensive Textbook; Baltimore: Williams & Wilkins 1997) distinguendo quindi tra: alcolismo primario e secondario, quest’ultimo instauratosi sulla base di preesistenti problematiche psicologiche. È inoltre frequente il caso di persone che sviluppano un disagio psichico o una psicopatologia, in seguito ad un consumo eccessivo di alcol o altre sostanze.
Per tale motivo l’intervento psicologico ha un ruolo fondamentale, nel trattamento delle problematiche legate all’abuso di alcol e di sostanze in genere, poiché se le componenti psicologiche non vengono affrontate in modo opportuno possono rappresentare un vero e proprio ostacolo al conseguimento di risultati positivi stabili e duraturi.
Riferimento
Dr. Paolo Marostica, Psicologo, Psicoterapeuta
Email: paolo.marostica@serviziclinici-ccc.it